Nba, un nuovo italiano alla riscossa: Simone Fontecchio

 

Proprio durante le Olimpiadi di Tokyo dello scorso anno fu un tweet del reporter di Associated Press, Tim Reynolds, uno dei più stimati e apprezzati addetti ai lavori nel mondo Nba, a cominciare ad associare il nome di Fontecchio agli ambienti del basket oltreoceano.

 

 

In seguito al raggiungimento, da parte dell’Italia, dei quarti di finale olimpici, Reynolds ha pubblicato un tweet che non lascia spazio a molte interpretazioni e che riportava una semplice domanda: “Perché Simone Fontecchio non gioca ancora in Nba?”. Probabilmente, oltre Reynolds, anche tanti fan italiani pronosticavano, magari dando uno sguardo ai consigli online su ilverogladiatore.it,  un futuro in Nba, ma in pochi credevano che potesse riuscirci per davvero.

 

L’apporto di Fontecchio agli Utah Jazz

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Nel corso degli ultimi giorni, le voci sull’approdo in Nba di Simone Fontecchio si sono letteralmente moltiplicate. Se in un primo momento pareva che l’ex Cremona fosse diretto alla corte di LeBron James, ai Lakers, poi è spuntata la franchigia di Salt Lake City.

La scelta di Fontecchio, a quanto pare, non si è basata molto sul blasone della franchigia, quanto piuttosto su quale tra le varie opzioni potesse dargli più garanzia in termini di minutaggio e di possibilità di dimostrare il proprio valore sul rettangolo di gioco.

 

 

In effetti, l’importanza di avere spazio per dimostrare le proprie doti è una costante nella carriera di Fontecchio. Basti pensare alla grande fatica con cui è esploso in Italia, dopo il passaggio da Bologna a Milano sei anni fa e qualche prestito in giro per la penisola. Ebbene, sono state le esperienze all’estero che si sono rivelate decisive per la carriera di Fontecchio, ma soprattutto per la sua maturazione definitiva.

Prima il passaggio in Germania al Bayern Monaco e poi l’esodo in Spagna, che gli ha consentito di trovare ancora più responsabilità e un ruolo centrale in squadra che desiderava ormai da tempo. Ed è chiaro che la bravura di Fontecchio è stata quella di non aver sprecato nemmeno una chance, sfruttando tutte le occasioni che gli sono state concesse.

 

 

 

In un triennio una crescita colossale

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Ciò che più stupisce probabilmente della carriera di Fontecchio è come abbia presa una piega completamente differente nel giro di un solo triennio. È passato da disputare qualche gara qua e là nella regular season con la maglia dell’Olimpia Milano a essere un titolare fisso in Eurolega, per poi trascinare anche la Nazionale alle Olimpiadi ed è arrivato, infine, anche il momento per l’esordio nel campionato più bello e spettacolare al mondo, ovvero l’Nba.

Senza ombra di dubbio, si è trattato di un triennio particolarmente intenso. Il buon Simone è maturato forse un po’ più tardi di quello che ci si attendeva, ma ha avuto senz’altro il grande merito di fare dei giganteschi passi in avanti su tanti aspetti del suo gioco che ora hanno attirato le attenzioni anche dei top club americani.

Diversi addetti ai lavori, come nel caso di Jonathan Givony di ESPN, l’hanno a più riprese definito come il miglior prospetto tra le ali piccole prodotto nel corso degli ultimi anni da parte del basket internazionale. Ed è chiaro che il riferimento è, prima di ogni altra cosa, alle sue abilità dal punto di vista fisico ed atletico.

Fontecchio supera i due metri di altezza e ha il fisico per poter reggere il ruolo di ala piccola anche in un campionato molto fisico come la Nba. Merito del fatto di aver lavorato tantissimo a livello di gambe, al punto tale da aver raggiunto ormai un livello di equilibrio davvero da top player. La struttura fisica è ormai quella di un giocatore fatto e finito e sembra davvero nel punto migliore della sua carriera per ritagliarsi un ruolo di primo piano anche in Nba.

 

 

Se in difesa starà proprio al buon Simone riuscire a convincere gli allenatori a dargli fiducia e minutaggio, considerando tra l’altro che in Nba se non si riesce ad essere efficaci nella metacampo difensiva difficilmente si ottiene un buon minutaggio in campo. D’altro canto, nella metacampo offensiva ha già dimostrato di possedere davvero un vasto arsenale di soluzioni. La precisione nel tiro dalla lunga distanza ne fanno un giocatore temibile. Contando il suo volume di tiri, stupisce davvero il fatto che sia nell’esperienza in Germania che in quella spagnola con la maglia del Baskonia, Fontecchio non sia mai sceso sotto il 39% nel tiro dall’arco.

In realtà, però, Fontecchio non si può definire unicamente un tiratore, dal momento che annovera un ampio bagaglio di conclusioni. Riesce a esprimere il suo massimo livello di efficacia quando mette palla a terra, alternando tiri in pull-up dopo qualche palleggio, oppure un tiro dalla media dopo due palleggi.

Insomma, ormai Fontecchio sembra avere l’occasione della vita. Tutti i tasselli del puzzle sono al loro posto, visto che l’ex Milano sembra avere tutto dalla sua parte per ritagliarsi un ruolo di spessore come 3&D come viene richiesto ormai dal basket contemporaneo oltre oceano, potendo cambiare su diversi ruoli in difesa vista la sua flessibilità.